FABIO RICCIARDIELLO
Addentrarsi nella vita di una persona è come affrontare un viaggio verso l’ignoto. Addentrarsi nella vita di un artista è come affrontare un viaggio verso l’ignoto con una piccola consapevolezza: il percorso sarà costellato di sorprese, fascinazioni, intuizioni. Quid fondamentale sono le tappe, fil rouge esistenziale, respiro e passo di un tragitto che guida lo sconosciuto. Ed il viaggio artistico ed esistenziale di Fabio Ricciardiello, si avvia mediante un prologo ed uno svolgimento che, alla geografia, hanno assegnato un ruolo principe. Nato a Napoli, Ricciardiello cresce in una atmosfera densa della magia partenopea, si forma all’Accademia delle Belle Arti, sotto l’egida, tra gli altri, di Massimo Bignardi. Gli anni in Accademia scandiscono un tempo dall’approccio pluridisciplinare, in cui, in particolare, la scultura si rivela medium in grado di far emergere l’azione lirica dalla lavorazione della materia, con la quale Ricciardiello avvia i primi passi della sua prima stagione espositiva, dal 1999 al 2003, curata, spesso, proprio dal Bignardi, con successo di pubblico e critica, sino alla sua prima personale, nel 2003 a Bologna, nella storica Galleria L’Ariete. A cura di Silvia Evangelisti, la mostra genera una svolta nella ricerca del giovane artista, votatasi alla commistione idiomatica, ove alla scultura subentra, affiancandovisi, la fotografia. Tale mutamento si concretizza anche nella vita personale: Ricciardiello lascia Napoli alla volta di Milano, dove frequenta l’Istituto ‘Riccardo Bauer’, dopo il quale entra a far parte del fantasmagorico universo della moda. Esso, per ben 15 anni, è stato il suo mondo, abitato grazie allo slancio della fotografia ma anche del design. In quel periodo, infatti, Fabio Ricciardiello ha costruito la propria carriera come fotografo di moda, divenendo noto con lo pseudonimo di Fabio Costì, ricoprendo anche il ruolo creativo di art director per diverse case di moda. Alla fotografia ha alternato una immersione nel design, in veste di illustratore per importanti maisons italiane, francese e cinesi e di scenografo per una sfilata a Pechino, sino a quando, la sua creatività gli ha permesso persino di entrare appieno nel tourbillon del prêt-à-porter, creando due capsule collections a partire dai suoi grafismi, apprezzati e riconducibili al suo stile. Tale eclettismo si pone quale tratto distintivo della ricerca posta in atto da Fabio Ricciardiello che, nel 2019, dopo una residenza artistica a Faenza, ha deciso di ritornare a dialogare con la materia e con la scultura, riprendendo le fila del suo primigenio itinerario estetico ed estremizzandone la tecnica, sino ad ottenere risultati mirabili ed unici, culminati in un progetto espositivo peculiare ed immaginifico, Life Vest Under Your Seat, curato da Giovanni Gardini. Il tempo corre veloce, spingendo Ricciardiello ad accelerare il proprio passo; accanto alla personale riscoperta della scultura – che è stato sguardo del sé introiettato nel proprio passato e, forse, inconsciamente legato a quella alchimia scultorea barocca partenopea od alla grafia di luci ed ombre traslata mediante il mezzo fotografico che hanno segnato gran parte del percorso dell’artista – ecco che segue una mostra personale a Monaco di Baviera di narrazione fotografica ed altri progetti in Portogallo ed a Milano, tappe che aprono le porte del nuovo anno in grande ed appassionata corsa. Se si volesse tracciare una mappa del cammino percorso sinora da Fabio Ricciardiello, certamente, il filo conduttore sarebbe dipanato da un linguaggio plurimo, composito, in cui differenti idiomi dialogano armonicamente: scultura e fotografia in primis, pittura, illustrazione e design subito dopo. Una grammatica la cui visione d’insieme convoglia le ‘regole’ della fotografia, ovvero uno sguardo attento al dettaglio, in grado di lasciarlo poi affiorare nel reale, grazie alla voluttà della materia. Essenza tangibile, quest’ultima, tramite cui Ricciardiello crea universi perturbanti, surreali, latori di una ‘illusione del reale, con un lieto fine’ e mediante cui apre un varco verso dimensioni insondate, stranianti e pronte a porsi come viatico per infiniti viaggi.